Quattrocentomila…proviamo a chiamarli con nome e cognome e vediamo che effetto vi fa. Sono i 700 in carne e ossa della Ixfin di Caserta, i 350 della Nokia-Siemens e i 1400 della Ex-Jabil entrambe in Lombardia, i mille della Finmek divisi tra il Veneto, l’Abruzzo e la Campania, i 220 della Ritel di Rieti e gli 800 della Micron ad Avezzano. Più o meno 4.500 che lavorano nel settore “apparecchiature elettriche”. Lavorano? Ieri sì, oggi forse, domani forse no: sono tutti dipendenti di aziende a rischio chiusura.
Già stufi dell’elenco? Fatevene una ragione: è un rosario lunghissimo, sgranarne ogni grano sarà anche una penitenza. Ma una penitenza dovuta, se si vuole conoscere un po’ di verità. Settore “Prodotti per la casa”: rischiano il psoto e lo stipendio i 120 della Cesame a Catania, i 550 della Nicoletti a Matera, i 450 della Saint Gobain a Savigliano in Piemonte, i 650 della Ideal Standard a Brescia e in Friuli, i 1500 della Natuzzi a Bari. Settore della chimica: rischiano lo stipendio i 400 della Portovesme a Cagliari, gli 800 della Ineos Vinils in Veneto, Romagna e Sardegna, i 300 della Montefibre a Venezia, i 450 della Nuova Pansac veneta, i 200 della Basell a Terni, gli 80 della Krotongres a Crotone.
Stanchi di numeri e nomi di gente che non sa se arriva a Natale legando il pranzo con la cena? Peggio per voi. Ecco i 4.000 della Merloni in Emilia, Umbria e Marche, i 500 della Electrolux in Veneto, i 150 della Riello a Lecco, i 150 della San Giorgio a La Spezia, i 900 della Siltal in Piemonte, Veneto e Campania, gli 800 della Indesit in Piemonte, Lombardia e Veneto. Ed è solo il settore “elettrodomestici”. E i 450 della Grimeca a Rovigo, i 1646 della Tirrenia, i 200 della Manuli, i 200 della Astigiana Ammortizzatori, i 400 della Rieter, i 250 della Sogefi, i 1200 della Oerlikon Graziano, i 200 della Cantieri Apuania, i 300 della Eaton, i 300 della Fincantieri di Castellammare di Stabia, i 500 della Atr. Era l’elenco, non completo del settore trasporti. E nella “Moda”, i 1500 della Mariella Burani, i 1500 della Ittierre, i 1200 della Legler, i 350 della Golden Lady. E altri 1500 nella siderurgia, tra Ilva, Lucchini ed Euroallumina.
Chiediamo scusa a tutti gli altri, gli altri dei 400mila che non abbiamo chiamato con nome e cognome, con il nome della loro azienda che forse chiude e forse no. L’elenco completo è stato fornito dal ministero dello Sviluppo economico, quello senza ministro. Elenco che parla di ottanta aziende “malate gravi”. Elenco che è stato pubblicato dal Sole24ore, il quotidiano della Confindustria. Non un segreto, elenco ufficiale. Eppure quei 400mila sono uno dei “segreti” meglio custoditi dai telegiornali. Quattrocentomila non valgono un titolo in sette tg moltiplicati per ogni sera di agosto. Quattrocentomila “orfani” di dichiarazioni politiche, quattrocentomila “cristiani” per cui non si celebra nessuna “messa”, nessun rito, neanche quello dell’attenzione. Non fanno “notizia”, nel nostro piccolo proviamo a porre minimo riparo.
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